una mano lava l'altra

domenica 25 maggio 2008

Abitudine di una settimana fa


Oggi tornando a Pescara mi è successa una cosa strana, una sensazione mai provata. Non ero nella città in cui avevo vissuto per venti anni, ma in una grande metropoli internazionale. A Tokyo per esattezza. Molti dei miei amici sanno che ultimamente mi sto riappassionando di Giappone; questa sensazione non è stata dovuta al fatto che mi sto rincoglionendo di fronte a dorama e anime, ma ad un motivo molto più semplice. Sono stato due settimane a l’aquila, e sono tornato a Pescara con la macchina grande di papà. Sono dovuto passare dal centro, poiché ho saltato l’uscita dell’asse attrezzato, andando a pagare ben 50c di casello in più per neanche 20 km. Poi ho preso la circonvallazione direzione Francavilla, al posto di Montesilvano, uscendo infine alla rotatoria dopo il ponte, vicino alla capitaneria di porto. Che umidità. Se non apro i finestrini o accendo l’aria condizionata, il vetro si appanna subito; e la maglia di lana sopra la t-shirt dà veramente fastidio; sembra che non mi sia lavato stamattina, tanto la pelle del viso mi sembra appiccicosa. Welcome back, baby boy.
Pescara puzza. Puzza di gente che pullula il centro anche la domenica sera, per partecipare a non so quale evento o aperitivo con gli amici, solo perché ora che il tempo è bello, vale la pena uscire appena si può. Ma dove mi trovavo fino a due ora prima, non era così. Lì uscire per il centro è un vero piacere. Non devi prendere la macchina, non passano le macchine, tutto è illuminato, e camminando verso il duomo i piccoli gruppi di ragazzi si fanno via via più numerosi; il venerdì è un giorno speciale poi. Molti studenti universitari se ne sono andati, ed è perfino possibile entrare all’irish di piazza san Biagio; in compenso non ti puoi avvicinare al bar duomo, e alla sua cocaina a fiumi. Poco importa, non ci devo passare per forza. Se poi sto con una fantastica compagnia di Claudia, Pamela, Gaia e Federico, veramente la tranquillità si impossessa della tua anima, uno zacapa e un avana 7, plus gelato del bar, e volano i risparmi, raramente spesi così bene. I Sigur Ros, la canna da zucchero che ti accarezza le guance, e che disinfetta le delicate faringi di Fè, e la canzone personale universale di Franco Battiato ci cura. Può succedere addirittura di andare a teatro senza avere la pretesa di vedere qualcosa di culturale, e di uscire commossi dalla apertura di un gruppo di ragazzi, che si muovono a tempo di una musica mal mixata. Peccato solo che non ci sia Matteo, perché con lui ho condiviso i giorni prima che hanno permesso a tutto questo di succedere, compresa la traversa – o era un palo?- di bombetta, dopo il passaggio filtrante della bottiglia, che prima era stata decisamente poco filtrata …
Allora tornare a Pescara è entrare in una Milano che avevi dimenticato, una Tokyo che non vedevi da tre mesi abbondanti, eppure non ti mancava. Ma dopo due semafori, pensi che ti piace. Sì, ti piace assai. Ti piace il semaforo verde, perché c’è un traffico dannato. Ti piacciono i lavori mai finiti da quando è in carica D’Alfonso, ti piace il tamarro che con la sua punto verde del 98 ti sorpassa e si mette nella corsia sbagliata, per scattare prima al semaforo. Ti piace l’umidità e la puzza. Ti piace quel trans, che lavora già dalle nove di sera in pieno centro, con quel suo mento prominente, e di femminile neanche i vestiti, che a qualcuno comunque piaceranno. Gli autobus che girano, i lampioni, la luna con l’alone di sporcizia che ben si addice ad una domenica sera di maggio con 22 gradi centigradi. Eppure la mia città è piccola, solo dieci anni fa potevo giocare per strada e avventurarmi tra le dune dell’ex tracciato ferroviario.
Abitudine. Cazzo, ecco cos’era! Solo una fottutissima abitudine. Mi sono abituato male a stare bene in quel paesone di 80k abitanti, e 20k studenti. Abitudine. Chissà se succederà lo stesso, trasferendomi dalla tranquilla provincia di Lanchester alla city, perché mi hanno trasferito lì se non voglio perdere il posto. O se dopo un disonorevole licenziamento da una grande keiretsu, proverò il contrario trasferendomi ad Atessa. O a Ripatransone, o Ferrara … non lo so. Domani devo studiare, altrimenti non lo potrò mai sapere, e magari l’impegno, questo sì diventi un’abitudine. Welcome back, baby boy.

2 commenti:

Maria ha detto...

Ciao Lory! ebbene si, sono proprio io, Maria.Spero che non ti arrabbierai se non sono uscita con te dicendoti che avevo sonno, mentre ora alle due meno venti di notte sono ancora sveglia.Ma è colpa tua perchè mi sono messa a leggere tutto il tuo blog che è lungo :-p......in particolare mi ha colpito questo post, scrivi molto bene, mi sono quasi commossa.Mi piacerebbe vedere la mia città con i tuoi occhi invece che con i miei che sono spesso pieni di giudizio.Ci rifletterò sù. Baci Maria

costant-lollo ha detto...

Bhe, in fondo è come se fossi uscita con me lo stesso, no? Considera una cosa: questo post l'ho scritto dopo 2 settimane a l'aquila precedute da un mini "esilio" forzato a Pescara, per i motivi che voi amici miei conoscete... Il poter ritornare è stata una vera gioia, anche perchè in quelle due settimane ho trovato la sintonia che mi mancava con Matteo. La mia visione è anche condizionata dal fatto che vivo qui solo da quattro anni, mentre tu ci hai passato una vita. E' bello cambiare città, sai? Ti consiglio caldamente di farlo, almeno una volta nella vita; è proprio vero che si cambia. La visione positiva complessiva dell'Aquila è poi stata pesantemente condizionata da voi fratelli di comunità, 7° e 8° in particolare. E senza secondi fini - ;-P - tu sei stata una bella sorpresa.
ps ma oggi non ci doveva stare la scrutatio? c'ero solo io! e sono tornato a casa un po' inkazzatello...

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